Un urlo disperato per gridare al mondo ciò che succede ogni giorno  nelle carceri di un paese che non possiamo neanche nominare, dove donne e uomini vivono una particolare condizione di sottomissione. Queste donne lottano con grande dignità...ma non basta.

Un racconto di una violenza, non solo fisica, che annienta l'essere umano ed inculca terrore nella popolazione. 

La brutalità di un potere totalizzante che colpisce e si accanisce in modo particolare verso le donne non solo negando loro l'esercizio dei più elementari diritti, ma umiliando e mortificando tutte le manifestazioni creatrici dell'universo femminile.

Un sistema terrorizzato dalla vitalità femminile che raggiunge nel suo delirio un orrore unico al mondo.

È la voce di chi riesce, nonostante tutto, a sopravvivere e sceglie di raccontare nel tentativo di attirare anche solo uno sguardo di questo occidente distratto, che non ha abbastanza immaginazione per capire cosa voglia dire vivere con questa paura addosso, che ti circonda, che ti entra nel respiro.

 

 

 

APPUNTI

 

È una storia che denuncia ciò che avviene ogni giorno, da anni, in un carcere di un paese che abbiamo paura  a nominare, contro i diritti delle donne prigioniere .

Come autrice sono stata in totale due anni rinchiusa nel carcere  per i miei lavori perché scrivevo sempre sul tema dei diritti delle donne.

Ho iniziato quando ero studentessa di  Letteratura  Drammatica, mi hanno fatto smettere impedendomi di studiare in qualsiasi università del mio paese.

Avevo 20 anni quando mi hanno imprigionata la prima volta ed è li che ho deciso di scrivere e lavorare in ambito giornalistico e teatrale.

Facevo sempre spettacoli vietati e regolarmente mi arrestavano.

Durante quel periodo in carcere ho conosciuto ragazze testimoni di violenze, di cui avevo sempre sentito parlare in passato, e che  non immaginavo accadessero ancora.

Prima dell'esecuzione una ragazza vergine regolarmente viene violentata per impedirle di andare in Paradiso. Una ragazza curda ha avuto questa storia due mesi fa e prima della sua esecuzione l'hanno violentata. I genitori raccontano che la mattina dopo bisogna portare dolci per festeggiare, quando lei è già morta, perché la notte precedente, poco prima della violenza è stata chiesta in sposa dal suo stupratore.

Siamo continuamente controllati,  viviamo nella paura anche noi che siamo lontani.

Sappiamo che, mettendo in scena questo spettacolo, non potremo più tornare a casa, ma il mondo deve sapere. E' per questo che chiediamo di rimanere anonimi e non diffondere le nostre identità.

I più elementari diritti umani vengono violati continuamente usando la violenza e instillando la paura nella popolazione.